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Come uccidere un poeta (di Cesare Cuscianna)

Voi tutti, immagino, siete ben edotti da letteratura, cinematografia e fumetti su come si uccidono vampiri e zombi. Sono esseri tecnicamente già morti, quindi neutralizzarli in maniera definitiva richiede strategie studiate all’uopo, affinatesi nei secoli e oramai codificate.

Per i vampiri, dopo averli storditi con effluvi di aglio e visioni di crocefissi bisogna trafiggerli al centro del petto (un po’ a sinistra, giusto per scansare lo sterno) con un paletto di legno acuminato, meglio se di frassino. Se non siete un supereroe, è fortemente consigliato l’uso della mazzuola, per assicurarsi che il cuore venga attraversato da parte a parte. Poiché la manovra non è, comprensibilmente, vista di buon occhio dal mostro presenta dei rischi, per i meno ardimentosi risulterà quindi più agevole e sicuro sorprendere il vampiro durante il consueto riposo diurno, nella sua bara. Per dovere di cronaca segnalo che i cacciatori veri non amano questa pratica, ritenendola poco sportiva, e preferiscono il confronto vis a vis.

Per gli zombi l’organo bersaglio è il cervello, per annientarli bisogna spappolarglielo. Non importa quale strumento abbiate sottomano, vanno bene asce, martelli, seghe a motore, ma la minor fatica richiesta porta a prediligere ovviamente le armi da fuoco, in particolare di grosso calibro. Una Smith & Wesson 29, calibro 44 Magnum andrà benissimo (quella dell’ispettore Callaghan, per intenderci), personalmente ritengo ideale un fucile a pompa caricato a pallettoni, ottima anche la lupara ma allora tenete a mente che avete solo due colpi in canna. In ogni caso, come per i vampiri, fate attenzione ai morsi, se no sono cazzi.

Ma veniamo all’oggetto della presente nota: il poeta. Verdognolo, le mani sudaticce, dal passo esitante e i comportamenti imprevedibili, che oscilla tra esuberanza e solipsismo, lo sguardo perso che di rado si posa sull’interlocutore ma sempre dichiara la presunzione di vedere ciò che altri non vedono. Asfissiante con il suo eloquio ritmato e astruso, essere inutile carico di mancanze e nostalgia è proprio un uccello del malaugurio.

Orbene, se per uno dei tanti legittimi motivi avete deciso di passare all’azione e uccidere un poeta, vi dico io come fare. Tranquillizzatevi, non è reato e poiché, a differenza di vampiri e zombi è ancora vivo, seppure malmesso, il compito risulterà facile, senza necessità di attrezzi o precauzioni di sorta. Si tratta solo di adoperare delle formule magiche.

La prima. Appena il poeta ha presentato una sua poesia leggendola, o pubblicandola su un social, ovunque insomma possa recepire la maledizione, voi pronunciate, o scrivete, quanto segue: “Bella, ma triste!”. Questa formula garantisce una morte immediata, pressoché indolore.

Se invece volete concedere al mostro qualche attimo di palpitante agonia e godere del modo in cui annasperà alla ricerca disperata di argomentazioni plausibili usate la seconda: “Che significa?”. Presto, stremato dagli infruttuosi sforzi, senza scampo soccomberà ugualmente.

Con la speranza di essere stato di una qualche utilità.

Carl Spitzweg,"Il poeta povero" (1839)


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Autore: Cesare Cuscianna


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