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La libraia (seconda parte)

A dodici mesi da quel 21 ottobre, il ricordo vive ancora limpido nel mio cuore. Da quel momento in poi, lui cominciò a frequentare sempre più spesso la libreria e, come si dice in questi casi, ben presto da cosa nacque cosa.

A pensarci adesso mi sembra passato così tanto tempo. Fiumi di tempo. È un anno, solo un anno. Poco più di un battito di ciglia nella ruota della vita.

Mentre riaffiorano gli avvenimenti e le emozioni provate, sono in libreria, il luogo a me più caro e familiare. Come in un sogno che si prolunga senza fine, il confine tra la mia vita fuori e quella passata tra queste mura si è fatto talmente sottile da essere impercettibile.

Ho il cuore che batte a mille. Vivo gli attimi che scandiscono l'attesa contandoli uno ad uno. Simile all'irresistibile brio legato alle ore che precedono un viaggio tanto desiderato, l'ondata di adrenalina generata dall'attesa mi investe implacabile. A breve, la campanella di ingresso risuonerà come quel giorno di un anno fa, lui entrerà e ci riabbracceremo dove tutto è cominciato per poi uscire a festeggiarci, a festeggiare quello che siamo diventati insieme.

Mentre lo attendo, mi accorgo che il vecchio signor Mitchell, armato di occhiali, carta e penna, è alle prese con l'ennesimo inventario. Chissà quanti ne avrà fatti nella sua lunga vita da libraio. In questi ultimi giorni, in libreria c'è un bel da fare perché l'afflusso di clienti è decisamente aumentato. Forse è vero che l'autunno è la stagione che fa ritornare a molti la voglia di riprendere un libro in mano. Sarà che sentiamo più forte l'esigenza di rintanarci in casa e rilassarci dopo una parentesi estiva fatta di vita all'aria aperta e giornate passate spesso in compagnia. L'autunno, stagione del raccolto, è quel periodo dell'anno che non si limita a riconciliare l'uomo con la terra. No, l'autunno va oltre, l'autunno è più ambizioso. Spinge l'uomo a riconciliarsi con sé stesso e un buon libro è un ottimo strumento per farlo.

Persa nei mei pensieri, quasi non mi accorgo che la sua inconfondibile silhouette è lì a qualche metro da me. Eccolo! È davvero lui. È arrivato finalmente! Si è fermato sul marciapiede mettendosi a sbirciare la vetrina della libreria. Nella mano destra stringe quello che mi sembra un mazzo di fiori. Lo osservo protetta dalla penombra di una sala più interna mentre sorridendo penso che, quando sei un lettore appassionato, il campo magnetico generato dalla presenza di una vetrina piena di libri nei paraggi, ti fa inesorabilmente suo. Anche se hai un appuntamento importante. Anche se hai qualcosa da festeggiare. Anche se con te porti i fiori per la tua donna.

Ma perché indugia così tanto? Perché non si avvicina per entrare? Mi sposto verso la sala d'ingresso che affaccia sulla strada. Mentre mi muovo, guardo il mio amore con un po' più di attenzione accorgendomi che ha il volto scavato. Anche i suoi occhi mi sembrano stanchi e meno vivi del solito, quasi come fossero ingrigiti da un velo di profonda tristezza. Il suo viaggio di lavoro deve essere stato davvero duro. Penso.

Colpita da quell'immagine inaspettata, decido di uscire e andargli incontro, quando lui mi sorprende per la seconda volta, voltandosi improvvisamente e incamminandosi a passo veloce in direzione dell'incrocio che si trova a una decina di metri dalla libreria.

Dimenticandomi del negozio, dei libri e di tutto i resto, corro fuori. Presa da un leggero capogiro, tutto d'un tratto la libreria è come se mi stesse stretta. Strettissima. Riesco a scorgere per un brevissimo attimo un pezzo del suo cappotto scuro che scompare a destra, dietro l'angolo.

Imbambolata, mi metto la libreria alle spalle e comincio a seguire chi era venuto per me. Cosa è successo? Avrà ricevuto qualche brutta notizia poco prima di arrivare? Perché non è entrato comunque per parlarmi dell'imprevisto? Con la mente in balia di domande al momento prive di risposte, provo a stargli dietro ma non è facile. È veloce, sembra quasi essere spinto dall'urgenza di mettere più strada possibile tra sé e la libreria. Provo a chiamarlo ma, forse per lo sforzo fisico intenso e improvviso, i miei polmoni sembrano non avere la forza sufficiente per compiere fino in fondo il loro dovere.

Il suo incedere deciso, ben presto ci porta fuori dal caseggiato principale, nella zona collinare e panoramica della città. Il sole del pomeriggio prova, caparbio, a farsi largo tra le nuvole. Dove sta andando? Cosa deve fare? Deve incontrare qualcuno? Ho il cuore che mi batte forte. Non comprendere fino in fondo quello che sta accadendo, mi genera un panico indescrivibile. Imperterrito, lui continua a camminare sul marciapiede che costeggia obbediente il viale che sale seguendo il profilo dolce della collina. Ormai siamo fuori dalla nucleo principale della città. Qua e là, a spezzare la continuità del paesaggio circostante, solo qualche villetta di mattoni con annesso giardino. E alberi, sempre più alberi che osservano la scena surreale di un uomo che cammina veloce senza accorgersi della donna che lo segue trafelata a un centinaio di metri.

Finalmente lo vedo rallentare per poi prendere una stradina laterale. Mi pare di conoscere quel posto, ma forse mi sbaglio. Sento di avere la mente sempre più velata da una nebbia calata da chissà dove. Poi mi sembra di ricordare. Quella è la zona che ospita uno di quei luoghi che si trovano in ogni città. Non ne esistono di città senza. Riprendendomi da questi pensieri, riporto il mio sguardo su di lui che, nel frattempo, ha decisamente rallentato il passo. Lo osservo avvicinarsi lentamente ad un grande e antico cancello in ferro battuto tenendo ben stretti i fiori tra le mani. Un attimo dopo, il ricordo di una scala salita per prendere un libro nello scaffale più alto, mi esplode improvvisamente dentro. Mentre un cielo ormai sgombro di nuvole lascia spazio alle prime luci del tramonto, una nuova certezza porta serenità nel mio cuore e fa scendere lacrime sulle mio viso. Lui... sta venendo da me.


FINE




Art: George B. Kearey, Mitchell´s Book Shop (1923)


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