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Viaggiare attraverso Bruce Chatwin

Secoli di colonialismo e milioni di chilometri quadrati di territorio esplorati, hanno plasmato negli inglesi un modo tutto british di affrontare un viaggio e di scrivere su di esso. Oltre quarant'anni fa toccò proprio ad un inglese rivoluzionare la scrittura di viaggio. Se prima di Bruce Chatwin gli scaffali delle librerie potevano proporre, anche nei casi più felici, dei meri resoconti di quanto visto e vissuto dal viaggiatore di turno, con il suo In Patagonia (1977) e altri lavori successivi, la narrazione dei viaggiatori-scrittori muta radicalmente pelle.

A suo tempo, alcuni storsero il naso. C'è chi lo fa ancora oggi. Molti altri, la maggioranza a dire il vero, furono completamente ammaliati dalla fresca ventata di cambiamento convogliata tra le righe della narrazione chatwiniana. L'energia sprigionata da quelle folate di vento fu tale da riuscire a superare i tradizionali confini dell'editoriali.

Nei primi anni '80 il "Chatwin touch" si diffuse un po' ovunque, non solo in ambito strettamente letterario. Come accaduto con Lawrence d'Arabia oltre mezzo secolo prima, gli scritti di Chatwin contribuirono a creare tutto un nuovo immaginario collettivo collegato al viaggio. I racconti più o meno reali del suo vagabondare per il mondo, ebbero rapidamente evidenti ricadute nel cinema (primi fra tutti, i lavori di Werner Herzog, grande amico dello scrittore) così come nella moda (si pensi al design e ai materiali delle giacche Barbour e Belstaff che, ciascuna a modo suo, reinterpretarono e miscelarono l'essenza visiva del viaggiatore chatwiniano con quella di Steve McQueen, un outsider che ha sempre errato seguendo sentieri poco battuti e spesso posti a pochi centimetri dal ciglio del burrone).

Per nostra fortuna, l'anomala onda chatwiniana si infranse anche sulle coste italiane grazie al sempre vigile Roberto Calasso che, viaggiatore pure lui, intuì immediatamente il potenziale dello scrittore inglese. Ancora oggi, nel catalogo Adelphi sono presenti tutti i lavori di Bruce Chatwin (inclusi i reportage fotografici) e sono pronto a scommettere che vengono tutti classificati come long seller nei report di vendita della celebre casa editrice.

Ma quali sono principali meriti attribuibili allo scrittore Chatwin? Direi almeno un paio. Dotato di una curiosità e di una fantasia sconfinate, così come di una spiccata sensibilità verso luoghi, fatti e persone, l'inglese ha superato le convenzioni della narrativa di viaggio, assorbendo elementi tipici del reportage, del saggio, dell'etnologia e dell'antropologia, per poi ricoprire il tutto con una bella spolverata di fiction che pare quasi strizzare l'occhio al gossip.

Ancora, Chatwin ha tessuto una tela narrativa all'interno della quale non c'è spazio per le manie di protagonismo tipiche di chi scrive resoconti di viaggio. Tra le sue pagine lo percepiamo sempre fuori fuoco, sempre defilato, sempre ai margini della scena. Praticamente l'opposto di ciò che fanno oggi moltissimi scrittori (di viaggio e non). Il risultato finale per il lettore è l'opportunità di poter affrontare un viaggio-fabula. Opportunità decisamente preziosa.

Ci sarebbe ancora tanto da scrivere su questo scrittore irrequieto e sulle profonde tracce che ha lasciato nel panorama culturale internazionale e nell'immaginario legato ai viaggi. Lo farò certamente, anche perché è grazie a quelli come lui se esistiamo noi vagamondi letterari©.


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