Annabella aveva richiamato Paolo per avvertirlo che la mamma insisteva, voleva andare a Formia. Stava già preparando la valigia. Gli disse pure che le aveva parlato di una lettera del babbo che avrebbe portato con sé e che avrebbero letto tutti insieme. Paolo a sentire della lettera si era alterato, come preso da un'isteria incomprensibile aveva cominciato a urlare, non aveva voluto sentire ragioni. L’aveva accusata di avergli nascosto, nella loro prima telefonata, la faccenda della lettera. Non credeva alla giustificazione che lei non l'avesse ritenuta importante perché era impossibile che non avesse considerato l'ipotesi che quelle righe potessero contenere le ultime volontà del babbo che mai erano state rinvenute e invece, com'era evidente, c’erano eccome, a meno che quella lettera non fosse fresca di stampa, così aveva detto, fresca di stampa, imprimendo alla voce il tono acido del sospetto. Era molto strano, aveva continuato con sarcasmo, che la mamma l'avesse tenuta nascosta e ora improvvisamente era saltata fuori. Era noto a tutti che lei, la cara sorellina, era sempre stata la preferita del babbo ed era certo che conoscesse il contenuto di quello scritto, ne era anzi certissimo, ma lui non sarebbe stato con le mani in mano, oh no, proprio per niente con le mani in mano.
Annabella ci aveva pianto, Paolo aveva esagerato, era sbottato come fa chi cova un risentimento talmente profondo che il tempo non smorza ma accresce. Tutto quell’astio e quell’odio inspiegabili, come inspiegabile il carattere, sempre scontroso, scortese, infido. Ripensò all’affabilità del babbo, alla dolcezza con cui le si rivolgeva. Un altro sangue, ecco cos'era Paolo, un altro sangue, una linea dimenticata che si era fatta largo, un rigurgito che arrivava intatto da chissà quali strani intrecci del passato.
Della lettera non ne sapeva nulla, ma proprio nulla in più di quanto le avesse detto la mamma. Certo, ci aveva pensato che quelle righe potessero contenere le ultime volontà del babbo, anzi più ci rifletteva più se ne convinceva. L’unica cosa non chiara era il motivo per cui la mamma avesse tenuto il segreto per tutto quel tempo. Ma poco importava, perché in quelle righe riponeva con il passare delle ore una fiducia crescente. Paolo gliene aveva fatte tante negli anni e prima di parlargli della lettera avrebbe voluto capire, indagare, proteggersi. Ricorda bene quando l’avvocato disse loro che, non avendo il babbo lasciato alcun testamento, loro tre erano eredi per un terzo ciascuno sull’intero. Se invece avesse fatto testamento, la legge gli consentiva di disporre di una quota dell'intero patrimonio da lasciare a chi avesse voluto o a chi avesse ritenuto più meritevole senza incorrere in alcuna nullità. Insomma, nessuno avrebbe potuto impugnare il testamento. E lei c’era rimasta male. Com’è possibile, aveva pensato, che il babbo l'avesse dimenticata, non l’avesse favorita avendone l’opportunità. La malattia era stata lunga, benché avessero provato tutte le cure disponibili erano sempre stati consapevoli, lui per primo, dell'epilogo infausto. Si può dire che la morte con lui era stata prodiga, gli aveva concesso un tempo adeguato per rassegnarsi a lasciare il mondo e per disporre dei propri beni. Aveva sempre pensato con rammarico che il babbo avesse sprecato il regalo di quel tempo strappato alla vita. Ora sapeva che non l'aveva delusa. Era certa che le avesse destinato la quota di legittima, così l’aveva definita l’avvocato, e già faceva progetti sulla casa di Formia.
Paolo della proprietà in comune ne aveva approfittato.
"Delle preoccupazioni me ne faccio carico io" aveva detto rassicurante, e invece aveva fatto il padrone. Poi da un anno aveva dato in fitto la casa del mare, il villino più in alto sulla collina che sovrasta la città. Da lì si vede tutto il golfo. Ogni mese le consegnava 500 euro in contanti. La metà del fitto diceva, ma alle sue insistenze per sapere chi fossero gli affittuari, era sempre stato reticente finché un giorno, pressato dalla richiesta, le aveva detto che non erano fatti suoi, che non era facile fittare a quel prezzo, e che se i soldi le facevano schifo sarebbe bastato rifiutarli. Odioso!
Non vedeva l'ora di leggere la lettera del babbo.
Bisognava andare a Formia quanto prima, mamma aveva detto che l'avrebbe letta lì. E per quale altro motivo voleva leggerla a Formia e non altrove, se non perché sapesse che quella casa era destinata ad uno solo dei figli?
A quale dei due, lei non aveva proprio nessun dubbio.
<Dottore, quello che mi chiedete non sta nei patti>
La voce roca e inquietante dell'amministratore della Film and Movie International Company srls che pronunciava parole secche, senza perifrasi cortesi, contrastava con il tono pacato, quasi rassicurante che proveniva dal telefono. La mistura conteneva un'aura minacciosa, sensazione che Paolo aveva avuto sin dal loro primo colloquio. La Film and Movie International Company srls, aveva preso in fitto la villetta a mare. Tremila euro al mese, metà contrattualizzate e l'altra metà a nero.
< Si ha ragione - rispose Paolo nel tono più rispettoso che gli riuscì - purtroppo ho un'emergenza, altrimenti non avrei mai chiesto questo favore>
< Per noi il danno è grosso>
< Lo capisco, naturalmente scalerò dal fitto questo fine settimana, anzi tutto il mese>
< Dottò, embè? Non sbagliate a parlare, ci avete preso per miserabili? Dai favori ci si sdebita con i favori. Vuol dire che ce ne dovete uno. Mo state tranquillo, questa settimana la casa è vostra>
< Grazie per la comprensione>
< Siete il padrone >.
Paolo si era convinto che le ultime volontà del babbo contenessero una sorta di condizione valutativa la cui verifica era rimessa alla mamma: chi tra i figli si fosse rivelato negli anni il custode più attento dei beni di famiglia, ne avrebbe ereditato la parte maggiore. Una condizione del tutto plausibile considerati i metodi educativi del babbo. Il professore metteva a concorso un solo premio che i figli avevano l'obbligo di contendersi. Chi dei due fosse arrivato primo, secondo un criterio che Paolo aveva sempre ritenuto poco oggettivo, si sarebbe aggiudicata la posta in palio, qualunque essa fosse, dalle cose minime a quelle più serie. Uno solo riceveva l'uovo a Pasqua, solo uno dei due meritava il biglietto del Circo, una volta addirittura solo uno di loro partì per le vacanze con la famiglia e l'altro fu spedito presso una colonia estiva di monache. Quasi sempre ad arrivare secondo era stato Paolo. Ma adesso sarebbe stato diverso. Il babbo se n'era andato troppo presto per capire su chi puntare davvero, chi dei due purosangue, come diceva lui, uscito dall'ultima curva era stato capace di allungare.
Lui si era laureato, Annabella no, e il babbo al titolo ci teneva, lui aveva manutenuto i beni di famiglia evitando persino che andasse in malora il frutteto, Annabella aveva il suo da fare con marito, figli e negozio, sempre sull'orlo del fallimento commerciale e familiare. Se davvero lo scritto conteneva le ultime volontà, non c’erano dubbi su chi fosse tra i figli il più affidabile. Questa volta neanche il giudice più partigiano avrebbe potuto favorire Annabella, il premio sarebbe andato a lui. E si era persuaso che consisteva nella piena assegnazione della casa di Formia, per questo la mamma aveva tanto insistito. In quella casa doveva avvenire simbolicamente l’investitura. E lui si era fatto coraggio e aveva telefonato all’amministratore della società conduttrice. Gli era andata fin troppo bene, pensava proprio di non spuntarla, e invece quello gli aveva concesso quel fine settimana gratis, tranne un favore da ricambiare. Roba da niente.
Si era preso allora due giorni di ferie dal lavoro e aveva smontato le camere da letto usate dalle ragazze. Slave, Sudamericane, Asiatiche, a volte Italiane, cambiavano ogni fine settimana. L’avvocato lo aveva tranquillizzato, la società affittuaria aveva dichiarato all'articolo quattro del contratto di locazione, di esercitare l’attività di agenzia cinematografica e di moda, e tanto per la legge bastava, lui non aveva alcuna responsabilità. Se il traffico fosse stato scoperto, avrebbe esibito il contratto di locazione regolarmente registrato e non avrebbe avuto nessuna altra noia. Il problema più grosso sarebbe stata la perdita di quel cospicuo incasso mensile. Chi vuoi che paghi tremila euro al mese per una villetta semi isolata e un po’cadente sulla collina. Il rischio era calcolato e valeva tutta la posta.
Ora gli toccava montare le vecchie camere da letto e da pranzo, già tirate fuori pezzo per pezzo dal garage, poi avrebbe chiamato qualcuno a pulire la casa e finalmente si sarebbe riposato.
Quando la vita ci pone di fronte a una scelta, pur consapevoli del potenziale pericolo di una delle opzioni in campo, si tende a sopravvalutare strumentalmente ciò che più fa comodo, piuttosto che analizzare con obiettività gli elementi a disposizione. E anche Paolo non sfuggì a questa regola. Almeno due delle sue certezze erano completamente errate e se ne sarebbe accorto di lì a poco. Aveva valutato con eccessiva leggerezza sia la poca rilevanza del favore da restituire, che la propria pretesa estraneità dall’imputazione del reato di sfruttamento della prostituzione. Ma le conseguenze che ne derivarono si verificarono in un momento successivo alla fine di questa storia, dunque non troveranno spazio per essere narrate. Non sono però difficili da immaginare.
Mirjna quel giovedì sera rincasò eccezionalmente alle venti. Aveva rinunciato alle ultime due ore ai giardinetti, quelle in cui con le amiche si fa il bilancio degli incontri. In fondo nessuno era stato tanto interessante da meritarsi un'altra occasione da spendere il giovedì seguente. La professoressa le aveva chiesto di rientrare prima. Il mattino successivo c’era da alzarsi presto, sarebbero tutti partiti per Formia e a lei non dispiaceva.
La signora sonnecchiava davanti al televisore acceso. Le voci dei presentatori dei giochi in TV le facevano compagnia.
Mirjna salutò Annabella e Paolo che erano rimasti in casa ad aspettarla. Che strano pensò, non era mai capitato prima d’allora. Il giovedì generalmente lasciavano la madre sola tutto il giorno.
Tirò fuori dal congelatore un minestrone, lo scaldò, preparò la tavola e svegliò la signora. La professoressa si scosse appena, le sorrise e si fece aiutare a prendere posto a tavola. Nel sedersi le accarezzò il viso e la ringraziò. Mirjna rimase talmente stupita dal gesto che si insospettì, pensò che potesse esserci sotto qualcosa. Normalmente non le dedicava né sorrisi né carezze, parlava poco ed era scostante. Però pagava bene e a Mirjna tanto bastava.
Il fatto è che quella sera la professoressa avrebbe risposto di sentirsi felice a chiunque glielo avesse chiesto. Avrebbe risposto "felice" e non contenta o soddisfatta, perché le sembrava l'aggettivo più aderente a descrivere il suo stato d’animo. Felice perché Paolo e Annabella l’avrebbero finalmente accompagnata a Formia, felice perché erano entusiasti di leggere la lettera del babbo. Le avevano pure raccomandato di non dimenticarla, di metterla già nella borsa, anche se si erano detti convinti della inutilità delle loro raccomandazioni perché lei certamente vi aveva già provveduto. Questo suo stato d'animo dipendeva non tanto dal fatto che i figli mostrassero amore filiale nei confronti del babbo, quanto dalla soddisfazione di essere riuscita ad interessarli.
Con la lettera, che si era dimostrata un ottimo stratagemma per farsi portare a mare, aveva fatto la misteriosa, se l'era giocata bene, non aveva neanche rivelato le scoperte su timbro e francobollo. Niente di niente. Una lettera del babbo, aveva detto, e nulla di più. Voleva che fosse una sorpresa. E già immaginava i loro oooh stupefatti quando avesse estratto la busta dalla borsa.
A Formia a Formia, aveva detto Paolo tutto contento. A Formia, aveva ribadito Annabella, che però a dirla tutta era preoccupata. Non aveva capito quali argomenti avesse utilizzato il fratello con gli affittuari, chiunque essi fossero, per convincerli a liberare la casa per quel fine settimana. E se quelli non fossero più rientrati? Lei avrebbe perso i 500 euro mensili che le facevano comodo, altroché se le facevano comodo. Ma Paolo, tranquillissimo, inspiegabilmente rabbonito, l'aveva rassicurata.
Quella sera la professoressa D’Acunto si mise a letto che ancora sorrideva per i pensieri che si portava appresso, quando all’improvviso, dal passato remoto, si fece avanti senza ragione e, a dire il vero, senza remora alcuna, il Sig. Mario. Ma il ricordo, che era arrivato proprio nel momento del trapasso dalla veglia al sonno, si fermò rispettoso sulla soglia della coscienza, si assestò appollaiato in un angolo e attese paziente. Fu in piena notte, alle tre, che la professoressa spalancò gli occhi e, pur avendo sempre il buio davanti a sé, vide nitidamente il Sig. Mario e la Pensione Goldoni di Riccione che si stagliavano luminosi e terribili tra il letto e il comò.
Riccione, è da lì che proveniva la lettera, e da dove sennò. Una consapevolezza che la trafisse improvvisa e inappellabile come una coltellata. Tutti gli indizi, che neanche a dirlo erano tre, perfettamente in linea con la famigerata costante di Planck, portavano inesorabilmente a quella conclusione:
1) ONE – le ultime tre lettere di RicciONE;
2) 1965 – Vacanza estiva per l’appunto a Riccione
3) ventesimo… Resistenza - Francobollo celebrativo altamente simbolico che portava ineluttabilmente al sig. Mario. Ricordava perfettamente che ne aveva un’intera e rara collezione. E come avrebbe potuto dimenticarlo.
Tre indizi gravi, precisi e concordanti, fanno una prova, lo sanno tutti.
E anche l’avverbio ineluttabilmente riferito a Mario, non fu scelto a caso dalla professoressa.
Nel 1965 lei aveva ventidue anni, era sposata da uno con il professore Augusto de Bartolis, che di anni ne aveva trentotto, e quella fu la prima e ultima estate che trascorsero sulla costiera Romagnola.
La giovane Rosa aveva perduto il padre da piccola, era cresciuta in collegio con grandi sacrifici economici della famiglia materna e, giunta in età, aveva capito che dagli uomini cercava sicurezza. Quando si fece avanti il professore, presentato da uno zio di lei, le sembrò la persona ideale. Uomo fatto, educato, colto, buona posizione. Dal canto suo il professore, che da giovane era stato monarchico ma all’età del matrimonio era già da tempo transitato nella più concreta Democrazia Cristiana, grazie alla quale poteva vantare la cattedra di latino e greco al liceo classico, trovò nella giovane Rosa un’allieva da crescere e plasmare. Lei lo ammirava profondamente e credette, in tutta sincerità, di esserne innamorata.
Incarnavano l’archetipo del piccolo borghese di quegli anni, felici d’esserlo e, anzi, rivendicandone l’appartenenza. La cucina in formica, la televisione in tinello, la passione per Sanremo erano lì a rappresentarlo. A lui piacevano Claudio Villa e Beniamino Gigli, lei seguiva Gigliola Cinquetti e coltivava una segreta passione per Bobby Solo. Sebbene col passare del tempo l’ammirazione, e con essa il presunto amore, si dissolsero progressivamente, restarono sempre fedeli l’una a fianco all’altro.
Sempre, tranne quella terribile, incandescente estate del 1965.
Continua...
Autore: Ottavio Mirra
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