La barca era ormeggiata a metà banchina.
Ciro Peluso si aggiustò il cappello calzandolo bene e alzò il bavero del giaccone. Il primo grecale di inizio autunno sollevava pulviscolo d'acqua e sabbia. Nell'aria mulinavano granelli come spilli.
Girate le spalle al vento, arrotolò una sigaretta. Nel cavo delle mani a coppa, fece girare la rotella zigrinata sulla pietra focaia. La grassa fiamma dello Zippo si piegò più volte da una parte e dall'altra fino a quando riuscì a orientarla. Aspirò profondamente, agguantò una delle cime di poppa della barca, la tirò a sé e saltò in pozzetto. Scese sottocoperta, ripose lo zaino, la busta con gli alimenti, la ghiacciaia portatile e tornò su ad aspettare. Aveva dei clienti da portare in giro nel golfo. Non aveva capito chi fossero, se pescatori o gente che avesse solo voglia di un po' di sole e qualche bordo. Non erano stati chiari, o forse lui si era distratto. Per fortuna aveva almeno concordato il prezzo in contanti.
Il fatto è che quando avevano chiamato era con Paola, a letto, e proprio in quel momento lei aveva acceso due sigarette e gliene stava porgendo una.
<Rispondi> gli aveva detto
<Sarà un call center>
<E se invece fosse un cliente?>
Così aveva risposto, e mentre quello parlava Paola si era messa a ridere e a solleticargli i fianchi.
In ogni caso, chiunque fossero, lui era tra i pochi in grado di uscire con quel vento. Aveva una barca robusta, roba da mare vero. Pesante e robusta. Ed era ben attrezzata. Ora toccava vedere se, col mare che c'era fuori, i clienti ne avessero ancora voglia.
<Allora vado>, aveva detto sulla porta prima di uscire. Paola, ancora assonnata, gli aveva dato un bacio. Com'erano saporite le sue labbra. Quanto ci aveva messo prima di andare a vivere con lei. Era stato stupido. Aveva pensato che non potesse funzionare. Ognuno a casa propria, tanto c'era tempo. Come se la vita dovesse durare in eterno.
<Buongiorno, sei tu Ciro?>
Erano in tre, due uomini e una donna che avanzavano lungo la banchina. A parlare era stato uno dei due uomini, aveva un accenno di barba e un'andatura dinoccolata, fuori squadra diciamo così.
<Sì, sono il comandante>.
Non gli piaceva che i clienti gli si rivolgessero col tu. Era una confidenza che veniva fraintesa. La gente così pensava di potergli dare ordini o discutere le sue decisioni.
<Ah, ok comandante> rispose quello, e ridacchiando si portò la mano sulla fronte a mo’ di saluto militare. Gli altri due risero, ma solo un po'.
Ciro allungò la passerella dalla poppa al pontile e invitò la donna a salire in barca.
C’era una leggera risacca che rendeva instabile la tavola. Allora la percorse per metà, prese per mano la donna e l'accompagnò fino al pozzetto. Poi fu la volta del dinoccolato, ma Ciro era sceso sottocoperta a stivare il piccolo bagaglio della donna. Col mare fuori non voleva roba che ruzzolasse tra le panche e il pagliolato. L' uomo dovette vedersela da solo. La passerella continuava a muoversi a destra e a sinistra e non aveva appigli. Roba da equilibristi, dovette pensare. Giunto a metà, un respiro più profondo del mare la spostò con decisione. L'uomo fece un salto e atterrò sulla poppa bestemmiando.
< Attenzione - disse Ciro che intanto era risalito in coperta - così si finisce in acqua>.
<Bene - continuò quando anche il terzo fu in barca - fuori c'è vento e il mare è un po' gonfio ma le onde non sono rotte. Al largo invece è molto mosso, quindi resteremo sotto costa. Si può pescare a traina con gli artificiali, se volete. Per il pranzo possiamo ancorare in una caletta ridossata>.
I tre annuirono. Ciro mise in moto e mentre il motore si riscaldava chiese loro di regolare il conto. I due uomini frugarono negli zaini, misero insieme la somma e provvidero.
Quando uscirono dal porto, il mare era spazzato in superficie dal vento e aveva quel colore turchese che tanto piace ai fotografi. Solo la donna fece una ripresa col telefonino.
<Ehi Gio' - urlò il fuorisquadra - fai un video anche a me>. E così dicendo cominciò a muovere il bacino avanti e indietro.
<Sei volgare> gli fece la donna, ma rise ammiccando.
<Anche a me> disse l'altro. E si mise a dare di bacino, e tutti e due si muovevano e ridevano. Due galletti, pensò Ciro, che però li guardava con indulgenza e una certa invidia. Scherzavano tra loro, erano contenti. Di più: spensierati.
Non che a lui mancasse qualcosa, anzi. Non pensava che vivere con Paola si sarebbe rivelato, come dire, così soddisfacente. Solo che c’era stata quella faccenda del certificato medico che a lei occorreva per l'iscrizione in palestra. I medici lo redigono senza neanche guardarti. Anche il suo non aveva fatto storie e glielo aveva rilasciato come fanno tutti. D'altra parte lei era radiosa: la salute in persona. Poi, siccome da un po' non faceva controlli, le aveva prescritto analisi del sangue e tutto il resto che si fa di routine.
< È tempo di sapere dentro come va - aveva detto il medico - andiamoci a guardare>. E quando erano arrivati i risultati aveva storto il muso. Pare che non andassero tanto bene, bisognava approfondire.
<Accendiamo una luce in queste caverne>.
Il suo medico era così, gli piacevano le metafore.
< Comandante, che sono gli artificiali?> chiese la donna.
Ciro Peluso, senza lasciare il timone, aprì il gavone su cui era seduto e ne estrasse una scatola, di quelle che usano i pescatori, con vani di varia grandezza contenenti ami, lenze e pesci finti.
<Ecco - disse mentre tirava fuori un calamaro di silicone - questo è un artificiale. Se vuole pescare preparo la canna e la lenza.>
<Dallo a me> fece il dinoccolato. E così dicendo lo tirò con malagrazia. Non sapeva che nel silicone era infisso l'amo. Piegato dal dolore, maledisse due o tre santi. Un bestemmiatore nato. L'amo, a forma di ancorotto, gli si era conficcato nel palmo.
<Ce n'è per tutti, ho due canne, alcuni artificiali e lenza in abbondanza>, fece Ciro.
La donna rise. Sembrava non essere in grado di fare altro. Il terzo uomo invece restò serio, seduto sulla panca.
Dal cassettino del "pronto soccorso" Ciro prese cerotti, ovatta, acqua ossigenata e una pinzetta.
<Mi dia la mano> disse a quello con l'amo nel palmo. Mentre provava a rimuovere l’ancorotto con le pinzette, l’uomo chiamò a raccolta un altro manipolo di santi. Gli si erano conficcate nel palmo tutte e tre le punte uncinate. Si lamentava e bestemmiava. Un vero pusillanime.
<La vuoi smettere?> gli urlò la donna. L’altro uomo la guardò soddisfatto.
<Marco – disse il pusillanime rivolgendosi all’altro – tu sei infermiere no? Fammi la medicazione - e intanto sottrasse la mano - non è cosa che può fare il comandante o come si chiama> - concluse.
<È qui che non va. La vede questa macchia? - gli aveva detto il medico mostrandogli le lastre mentre erano soli - Non dovrebbe esserci>
<Cos'è?>
<Potrebbe essere di tutto. Non è detto che sia maligno. Va approfondito ancora. È comunque qualcosa che ha messo radici dentro. Rassegniamoci>.
Maledette metafore.
Insomma, fu allora che Ciro si era deciso a trasferirsi da lei.
<Perché ora?> gli aveva chiesto Paola a bruciapelo.
<Perché non ora> era stata la sua stupida risposta. D'altra parte, preso alla sprovvista non ne aveva trovata una migliore. Probabilmente non l'avrebbe trovata neanche se ci avesse pensato tre giorni. Si era improvvisamente deciso perché aveva capito quanto potesse essere sfuggente la vita. Che banalità aveva partorito: sfuggente la vita. Ciononostante aveva avuto la sensazione di averlo realmente scoperto solo in quel preciso momento.
Lei aveva lavato con cura le tazzine sporche di caffè nell’acquaio in cucina, impiegandoci più del dovuto. Con lentezza le aveva riposte sul gocciolatoio insieme alle altre stoviglie.
< Va bene – aveva poi detto - per me va bene comunque>.
La sera erano usciti ed era stata Paola a scegliere: un lido sul lungomare aperto tutto l’anno dove si ballava. Ciro non dava due passi da trent’anni. Superato il disagio iniziale, quella sera si divertì. Paola rideva e lo trascinava e i suoi occhi brillavano.
Fu la donna a raccogliere la mano del ferito. Gliela medicò con garbo. Lui, ubbidiente, lasciò fare. L'infermiere si alzò, reggendosi al tientibene raggiunse Ciro al timone
<Comandante, ce l'ha qualcosa da bere? Per stare in tema ci vorrebbe del rhum, ma va bene anche una birra>.
Ciro gli indicò il frigorifero sottocoperta. L'uomo aprì una Heineken, chiese a Ciro se ne volesse e gli si mise a fianco.
Osservò i suoi due compagni e scosse la testa
<Ha visto comandante? Che strane le donne, prima lo deride, poi lo sgrida e infine lo medica >.
<Succede>.
Estratto l’ultima punta uncinata, la donna deterse con l’acqua ossigenata la mano dell’uomo, poi chiese all’infermiere se ritenesse opportuna l’antitetanica una volta scesi a terra. Quello non si mosse per esaminare la ferita, però disse che l’amo era entrato solo sotto pelle e che, peraltro, non gli sembrava arrugginito. No, affermò, non era proprio il caso.
Il dinoccolato allora si rilassò, poi cinse la donna nei fianchi e le disse: <Grazie, ti meriti un bacio>, convinto che l'effusione sarebbe stata accolta come un premio. Come se la donna non aspettasse altro. Che presuntuoso. Si avvicinò alla guancia ma poi deviò e tentò di baciarla sulle labbra. Ehi, fece la donna ritraendosi. Lui ci riprovò e lei gli diede uno schiaffo. Poi, ridendo, gli disse di tenere sotto controllo i bollori.
L’infermiere ridacchiò e bevve un altro sorso di birra.
<Arriverà il momento della morfina>.
Paola glielo aveva detto una sera mentre guardavano una serie su Netflix
<Ti ricordi di mia madre? - gli aveva chiesto - arrivò al punto che non le bastava mai. E prima ancora, lo strazio di quel medicinale che andavo a ritirare in ospedale ogni quindici giorni. Te lo ricordi?>
No, il medicinale Ciro non lo ricordava. D'altra parte allora avevano preso a frequentarsi da poco.
<Su intercessione di un amico medico, ritiravo presso la farmacia dell'ospedale un medicinale da iniettarle in vena. Gli allunga un po' la vita, diceva il farmacista. Infilava la fiala in una bustina anonima e mi chiedeva di metterla in borsa. Di nascosto. Mi dava a intendere che quel medicinale non sarebbe potuto uscire dall'ospedale, e forse era vero. Non pagavo nulla e mi sentivo una ladra. Lui, guardingo, allungava la mano e ogni volta ne approfittava per accarezzare la mia. La sua era sempre sudata. Ma come si può?>
<Cosa?>
<Avere quello sguardo>
<Quale sguardo?>
<Quello del farmacista. Io ero un rotolo di dolore, lui mi guardava con occhi febbrili. Mi faceva schifo, e anch'io mi facevo un po' schifo perché non mi ritraevo. Subivo il ricatto di quella carezza>.
Continua...
Autore: Ottavio Mirra
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