"Ben Affleck e Matt Damon sono amici d'infanzia...Questo è il loro primo Oscar". La sera del 23 marzo del 1998, la frase riecheggiò chiaramente nell’aria mentre due ragazzi di quartiere poco più che ventenni, salivano le scale diretti verso il palco dello Shrine Auditorium di Los Angeles.
Pochi istanti dopo, Matt e Ben si videro consegnare dalle mani di Jack Lemmon e Walter Matthau, la statuetta per la migliore sceneggiatura originale assegnata a “Good Will Hunting”.
I due ragazzi di Boston erano amici dai tempi del liceo. Dopo il diploma conseguito nel 1988, Matt era riuscito a farsi ammettere nella prestigiosissima Harvard per approfondire lo studio della lingua inglese. Ben aveva invece deciso di trasferirsi prima all'università del Vermont (seguendo la scia di un amore non corrisposto per una ragazza conosciuta al liceo e spostatasi a sua volta da quelle parti), poi all'Occidental College di Los Angeles.
Durante gli anni passati ad Harvard, Matt fece qualche piccola esperienza nel cinema. Per sua stessa ammissione il mondo della recitazione lo aveva attratto sin da bambino. Un bel giorno, decise di iscriversi ad uno dei corsi di drammaturgia organizzati dall’università.
Durante le lezioni, Anthony Kubiak, professore associato presso il Dipartimento di Inglese, chiese ad ogni allievo di elaborare una storia compattata in un atto unico. Letto l’elaborato, Kubiak assegnò una "A" al lavoro di Matt annotando queste parole: "Non mollare. Ovunque vada, sta andando da qualche parte. Attieniti a questo". Le quaranta pagine scritte dal ragazzo rimasero chiuse in un cassetto per un bel pezzo.
Matt lasciò improvvisamente l’università nella primavera del 1993. Poco prima, aveva saputo di essere stato scelto per interpretare un personaggio all’interno di una produzione abbastanza importante. Avrebbe recitato accanto a mostri sacri come Gene Hackman e Robert Duvall. Davanti al bivio, Matt non tergiversò un attimo. Prese il primo volo per la California mettendo nella valigia anche il plico con la sua bozza di sceneggiatura.
Il film "Geronimo: An American Legend" fu un fiasco, ma la scelta di andare in California gli diede la possibilità di ritrovare il vecchio amico Ben.
Nei mesi successivi, mentre si destreggiavano tra audizioni e concerti, i due decisero di mettere mano a quelle quaranta pagine. Tutto cominciò una notte quando Matt chiese all'amico un aiuto per riprendere ed espandere la sua idea iniziale. Da solo non sapeva ancora bene dove farla andare a parare.
Il processo di scrittura della sceneggiatura definitiva fu abbastanza rapido ma tortuoso. I due amici a volte scrivano insieme, altre separatamente a causa dei rispettivi impegni. In quelle circostanze furono i fax, scambiati da ogni dove, a consentire di concludere il tutto in tempi ragionevoli. Successivamente, dopo un paio di giri sulle scrivanie di Hollywood e svariati centinaia di migliaia di dollari guadagnati, la sceneggiatura venne acquistata dalla Miramax dei fratelli Weinstein. Il resto della storia lo conosciamo tutti.
Da quasi trent'anni la pellicola diretta da Gus Van Sant è amata a tutte le latitudini, ma da nessuna parte più che a Boston, città che fa da sfondo alla storia. Boston, ritratta in modo autentico e affettuoso da due giovani che hanno vissuto la loro infanzia e adolescenza tra le sue strade e i suoi meravigliosi parchi pubblici.
Come si è visto, il processo di scrittura che ha portato due semisconosciuti ragazzi di Boston a vincere al primo tentativo un Oscar per la migliore sceneggiatura, ha avuto un percorso intermittente, particolare e articolato. Nella versione definitiva della storia, l'unica scena sopravvissuta appartenente al primo scritto partorito da un giovanissimo Matt Damon, è quella che descrive il primo incontro tra Will e lo psicologo Sean Maguire interpretato da Robin Williams.
A quel memorabile momento, appartiene un frammento di dialogo tra Will e Sean che amo alla follia, uno scambio che ha influenzato enormemente i miei successivi percorsi di lettura.
Will: Quelli come lei mi fanno impazzire. Spendete tutti i vostri soldi su questi libri del cazzo strani di cui vi circondate, e sono quelli sbagliati.
Sean: E quali sono i libri del cazzo giusti?
Will: Quelli che ti fanno rizzare i capelli.
Ero molto giovane quando ascoltai per la prima volta queste parole. A quei tempi, la lettura cominciava ad appassionarmi parecchio ma, l'ho capito solo dopo, ero completamente sprovvisto di una bussola.
Leggevo spesso a caso. Leggevo ciò che trovavo tra gli scaffali di casa. Leggevo ciò che era piaciuto a tante altre persone. Leggevo i libri che vendevano di più. Piano piano, anche grazie alle parole immaginate da un ragazzo di Boston, mi dotai di una bussola.
Il suo ago iniziò sempre più ad orientarmi verso la ricerca di pagine capaci di sorprendermi, arricchirmi, farmi incazzare, farmi emozionare, farmi riflettere, farmi "rizzare i capelli".
Ancora oggi porto wu
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